Agenzia delle entrate, fioccano i ricorsi, contribuenti nel caos: cosa sta succedendo

Agenzia delle Entrate nel caos a causa di un disguido che annullerebbe le notifiche di pagamento delle cartelle esattoriali.

Il pagamento di milioni di cartelle esattoriali potrebbe venire annullato a causa di un problema elettronico dell’Agenzia delle Entrate.

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Il Fisco italiano si ritrova sull’orlo di uno scandalo quando milioni di cartelle esattoriali potrebbero essere annullate da un momento all’altro a causa di un problema relativo alla pec dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione.

Agenzia delle Entrate, la pec non valida e la normativa

Uno di quei problemi burocratici che potrebbero, però, finire nel “dramma” qualora si venisse a creare un precedente del genere. Il problema occorso all’Agenzia delle Entrate è dei più classici e al contempo quel genere di problema che un Ente pubblico di questa grandezza e portata dovrebbe cercare di evitare con più facilità.

La pec ufficiale dell’Agenzia delle Entrate sembra non essere regolarmente registrata presso i registri pubblici e, di conseguenza, ogni e-mail inviata da quell’indirizzo potrebbe essere considerata nulla. La giurisprudenza in questo caso si divide nettamente e i vari giudici potrebbe interpretare la normativa a seconda del caso di riferimento.

La legge 53/1994, che disciplina porprio questa materia, dice esplicitamente che gli atti possono essere trasmessi “esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante che compare negli elenchi pubblici“. Continuando nella lettura della normativa si legge anche che qualsiasi email ricevuta da un indirizzo non ufficiale è da considerarsi “inesistente”.

La normativa è nata, ovviamente, per tutelare il cittadino da tutti quei casi di truffa mediante email, il cosiddetto “phishing“, che possono portare spesso alla perdita delle proprie credenziali d’accesso con conseguente furto d’identità e perdita dei propri risparmi. Proprio da questa propensione delle persone a difendersi dai casi di truffa è nata la corsa ai ricorsi, scusate il gioco di parole, che ha portato il Fisco a ricevere migliaia di richieste di annullamento per aver inviato i loro atti ufficiali tramite pec non autorizzata dalla Pubblica Amministrazione.

Un esempio recente di giurisprudenza del genere è quello avvenuto presso la Commissione tributaria di Perugia. Un imprenditore aveva ricevuto 71 cartelle esattoriali, tra il 2005 e il 2019, da parte dell’Agenzia delle Entrate per un totale di un milione e 400 mila euro. Il problema stava proprio nel fatto che l’indirizzo pec utilizzato dal Fisco non era presente nei pubblici registri. In quel caso i giudici decisero per l’annullamento dell’intero debito poiché le cartelle non erano state notifiche in maniera corretta ed erano da considerarsi, quindi, nulle.

D’altra parte l’articolo 26 del decreto 602/1973 afferma che è l’indirizzo pec del destinatario a dover essere iscritto nei registri pubblici, mentre l’email di chi notifica non ha dovere d’iscrizione in nessun registro. Una bella gatta da pelare per il Fisco, insomma.

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