Cosa sta succedendo al prezzo del grano duro? E soprattutto è in stretta relazione con il conflitto Mosca-Kiev, dal momento che proprio l’Ucraina rappresenta in assoluto la nazione maggiormente produttrice dell’oro giallo?
Quali conseguenze rischia concretamente un Paese come l’Italia, che compra tonnellate e tonnellate di grano duro dall’estero per produrre il nostro piatto simbolo, ovvero la pasta?
Queste sono tutte domande che legittimamente dobbiamo porci, alla luce dei dati allarmanti che vi stiamo per raccontare sul prezzo del mercato del grano duro.
Come sempre, a monte, la prima riflessione degli esperti, consiste nel fatto che l’Italia, che ha disposizione le proprie risorse di grano, dipende eccessivamente dall’estero, così come accade con il gas.
Perché tutto questo? Cosa sta accadendo?
Secondo Cai, Consorzi Agrari Italiani, le cause dell’abbassamento del prezzo del grano duro, arrivato ai minimi storici di 50 euro al quintale, sono da ricercarsi nella speculazione sui mercati finanziari, oltre che nella scelta drastica dei compratori, che da un paio di settimane hanno calato nettamente gli acquisti, provocando una discesa vertiginosa dei prezzi.
Un calo pericoloso, non c’è dubbio, legato anche alle recenti notizie sull’abbondante raccolto in Canada, il più grande produttore di grano duro al mondo.
Secondo gli agricoltori, le informazioni si sono diffuse solo per indurre i cerealicoltori italiani a vendere subito, innescando una spirale di prezzi in calo.
Nonostante l’aumento delle superfici coltivate, secondo Italmopa – Associazione Mugnai Italiani – la produzione di grano duro italiano quest’anno dovrebbe registrare un volume di produzione addirittura di circa 3,9 milioni di tonnellate, in calo del 2,5% rispetto al 2019 (4 milioni di tonnellate). Il fabbisogno dell’industria molitoria ammonta a oltre 5,8 milioni di tonnellate.
Incredibile ma vero, abbiamo un ottimo grano, ma non produciamo in proprio.
La riduzione è dovuta, in buona parte, al calo della produzione di grano duro del 25% in Puglia a causa dell’andamento climatico anomalo. Tuttavia, con una produzione di circa 760.000 tonnellate, la Puglia è ancora il principale produttore italiano superando Sicilia, Marche ed Emilia-Romagna.
Insomma, ancora una volta stiamo qui a chiederci come è possibile impelagarci in controverse vicende di speculazioni di mercati stranieri, quando possediamo, in casa nostra, le risorse per produrre la migliore pasta.
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