Quoziente familiare, porterà vantaggi o meno soldi alle famiglie? Facciamo due conti

Il quoziente familiare che verrà probabilmente introdotto nel 2023 sarà conveniente per tutte le famiglie con figli a carico?

Il nuovo meccanismo sarà vantaggioso per molte famiglie ma per altre potrebbe significare una perdita economica rilevante.

quoziente familiare
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Riguardo la famiglia, due novità coinvolgeranno gli italiani ad inizio 2023. La prima riguarda i nuclei con figli a carico e l’Assegno Unico Universale. Sono previsti degli aumenti di importo e una variazione negli scaglioni che permetteranno di ricevere più soldi mensilmente. La seconda novità riguarda il quoziente familiare, un metodo di calcolo IRPEF basato sulla composizione del nucleo familiare. Ad oggi una famiglia – indipendentemente dalla presenza o meno di figli a carico – subisce una penalizzazione nel caso in cui entrambi i membri della coppia lavorino. Nonostante le detrazioni previste, infatti, i due redditi vengono cumulati e di conseguenza l’aliquota applicata sarà più elevata rispetto ai nuclei in cui lavora un membro solo della famiglia. A redditi più alti corrispondono scaglioni IRPEF più alti. Sopra i 50 mila euro all’anno si raggiunge addirittura il 43%.

Proprio con riferimento a questo svantaggio, la Premier Meloni vuole equilibrare il sistema introducendo il quoziente familiare come correttivo fiscale. Più membri ci sono nel nucleo, meno tasse si pagano.

Il quoziente familiare aiuta le famiglie più numerose

Il quoziente familiare dovrà tener conto del numero dei componenti della famiglia nel calcolo delle tasse. I figli a carico, dunque, avranno una rilevante importanza nella definizione del correttivo fiscale. Ma come verrà calcolato questo quoziente? Sarà il frutto di una divisione che tiene conto del reddito complessivo della famiglia e del numero delle persona che la compongono. Nel conteggio vengono inclusi i coniugi, i figli a carico e ogni altro familiare convivente a carico.

Ottimo, le famiglie più numerose avranno meno carichi fiscali. L’equilibrio sarà ripristinato e si potrà ottenere un’equità tributaria. La tassazione verrà ripartita sul numero dei componenti e non su un solo membro produttore del reddito. Di conseguenza si potrebbe rientrare in uno scaglione più basso pagando meno tasse e ottenendo un bel risparmio annuo. Se entrambi i genitori lavorano l’effetto sarebbe massimo dato che prima verrebbero sommati i redditi e poi si procederebbe con la divisione per il numero dei componenti. Entrambi, dunque, potranno beneficiare dell’aliquota più bassa.

Sarà festa per tutti?

La risposta purtroppo è no. Il quoziente familiare non porterà alcun vantaggio per le famiglie monoreddito rispetto a quelli già presenti. Il risparmio maggiore sarà per le famiglie con due redditi in cui la retribuzione della donna è inferiore rispetto quella dell’uomo. Se entrambi i redditi, invece, sono bassi allora l’applicazione del quoziente familiare non porterebbe grandi guadagni. L’aliquota inferiore già attiva resterebbe e trovandosi sotto la no tax area già non si paga l’IRPEF perciò nulla cambierebbe.

In conclusione, a beneficiare maggiormente del quoziente sarebbero le famiglie con redditi molto alti, sopra i 50 mila euro. Da qui l’idea di introdurre un correttivo che “tolga” questo vantaggio superiore ai ricchi onde evitare, poi, che l’occupazione femminile diminuisca. Perché la moglie dovrebbe lavorare – soprattutto se il guadagno è basso – se l’aliquota applicata sul reddito alto del marito sarebbe minima? Servono, dunque, accorgimenti per bilanciare realmente il meccanismo. Si potrebbe prendere come riferimento il coefficiente di adeguamento utilizzato in Francia. Solo così il quoziente familiare risulterebbe efficace.

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