Sanpellegrino, stop alla produzione di acqua: ecco perché

Sanpellegrino, azienda italiana famosa per la sua acqua frizzante, ha interrotto la produzione per due giorni a causa di una mancanza di anidride carbonica. Il gas viene utilizzato per creare le bollicine caratteristiche dell’acqua minerale, e scarseggia in tutta Italia.

La Sanpellegrino ha interrotto la produzione per due giorni a causa della mancanza di anidride carbonica.

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La CO2 è fondamentale per gasare l’acqua minerale, ma di recente in Italia c’è un grosso problema di reperibilità legato a questo gas. Ancora una volta questo intoppo è dovuto all’aumento dei prezzi del metano, dovuto alla decisione della Russia di ridurre le forniture in Europa.

Sanpellegrino, si ferma la produzione

La Sanpellegrino è un’azienda che rientra nelle eccellenze italiane. La sua acqua frizzante è considerata tra le migliori al mondo, e spesso appare in meeting importanti. La classica bottiglia di vetro verde con la stella rossa viene riempita in provincia di Bergamo, a San Pellegrino appunto, dove viene arricchita di anidride carbonica.

Proprio l’arricchimento dell’acqua con questo gas è il problema che sta dietro all’interruzione della produzione per due giorni, decisa dallo stabilimento bergamasco. L’azienda fatica a reperire le quantità di gas necessarie per continuare la produzione al livelli soddisfacenti, e quindi ha interrotto ogni attività in attesa di aprire nuove linee di rifornimento.

Secondo la direzione dell’azienda non c’è pericolo che la produzione non riprenda. La carenza di anidride carbonica sarà risolta approvvigionandosi da fonti diverse dalle solite linee di rifornimento, che sono entrate in crisi. Questo problema non riguarda soltanto Sanpellegrino, ma anche molte altre aziende italiane delle bibite frizzanti. L’azienda bergamasca prima di questo stop era tornata ai livelli pre covid, con 3,5 miliardi di bottiglie riempite ogni anno e un fatturato di oltre 850 milioni di euro.

Da dove viene la crisi dell’anidride carbonica

Sembra paradossale che, in un momento in cui l’abbondanza di anidride carbonica nell’atmosfera è uno dei principali problemi ambientali, proprio questo gas scarseggi. Ma la CO2 industriale, utilizzata per vari scopi ma principalmente per gasare le bibite, è ben diversa da quella diffusa nell’aria che respiriamo. Prima di tutto è liquida, pressurizzata e raffreddata perché possa essere contenuta nelle bombole senza grossi sprechi di spazio, e poi facilmente utilizzata.

In secondo luogo ricavarla dall’atmosfera non è un processo veloce e conveniente, adatto alle esigenze industriali. L’anidride carbonica liquida si ricava soprattutto da altri processi chimici, come risultato di scarto delle reazioni. Ad esempio ne producono molta le aziende che creano urea e ammoniaca per scopi industriali, come la Yara di Ferrara.

Multinazionale chimica di origine norvegese, la Yara ha uno stabilimento enorme in Emilia, che liquefa il suo prodotto di scarto per poi fornirlo a molti produttori di bibite gasate in Italia. Ma l’impennata del prezzo del metano ha comportato un rallentamento e poi l’interruzione della produzione, ritenuta non più conveniente. Lo stop della Yara ha fermato quindi anche molte aziende di bibite gasare, rimaste senza anidride carbonica.

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