Quota 103 nel 2023: ci saranno delle penalizzazioni, la categoria è sempre la stessa

Il Governo pensa a Quota 103 come erede di Quota 102 per il 2023. Una forma non strutturale di pensionamento che penalizza la solita categoria, scopriamo quale.

Nel futuro c’è Quota 103 con pensionamento a 62 anni di età e 41 anni di contributi maturati.

pensione Quota 103
Eco di Milano

La Riforma delle Pensioni tarderà ad arrivare, non c’è il tempo materiale per creare forme di pensionamento strutturali da inserire nella Legge di Bilancio. Bisognerà accontentarsi delle possibilità sicuramente attive nel 2023 – la pensione di vecchiaia a 67 anni di età con 20 di contributi, la pensione anticipata ordinaria con 41 anni di contributi e senza paletti anagrafici e la pensione per i precoci. Poi si potrà confidare nella proroga quasi certa di Opzione Donna e dell’APE Sociale dai costi contenuti per lo Stato. Infine, Quota 103 potrebbe subentrare a Quota 102. Si passerebbe, così, dai 64 anni con 38 di contributi per lasciare il lavoro a 62 anni di età con 41 di contribuzione maturata. Si tratterebbe di un’ulteriore formula temporanea che accompagnerebbe i lavoratori nell’anno che verrà.

Quota 103, chi penalizzerà?

Quota 103 è un nuovo piano anti ritorno della Legge Fornero. Con 62 anni di età e 41 di contribuzione si potrà lasciare il mondo del lavoro ma, a prima vista, appare subito chiaro che gli anni di contributi sono molti e che, ancora una volta, ad essere penalizzate saranno le donne. In generale, infatti, le lavoratrici iniziano a lavorare più tardi rispetto agli uomini oppure hanno maggiori anni di assenza di contribuzione per prendersi cura della famiglia. Con particolare riferimento ai 41 anni richiesti dalla nuova misura significherebbe aver cominciato a lavorare all’inizio degli anni 80 quando la parità di genere sul lavoro era ancora un traguardo distante. Basti pensare che le donne non avevano ancora accesso alla carriera militare per non parlare, poi, di posizioni di rilievo nel privato. Inoltre troppo spesso la maternità ha comportato, in quegli anni, un licenziamento o le dimissioni perché ancora poco tutelata.

A sostegno di questo excursus la stima dell’INPS. A poter usufruire di Quota 103 saranno circa 7/8 mila lavoratori, principalmente uomini.

La proroga di Opzione Donna è indispensabile

Per un’uscita flessibile dal mondo del lavoro per le lavoratrici è indispensabile che la proroga di Opzione Donna sia confermata. In questo modo si potrà andare in pensione a 58 anni di età se dipendenti o 59 se autonome con minimo 35 anni di contributi maturati. Un anticipo rilevante rispetto ai 67 anni della pensione di vecchiaia anche se l’assegno pensionistico ne risentirebbe. Il calcolo, infatti, sarebbe solo ed esclusivamente contributivo indipendentemente dal momento in cui si sono iniziati a versare i contributi.

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