Il governo vuole aumentare gli stipendi: attenzione però alla pensione

Il taglio del cuneo fiscale sembra essere l’unica possibilità per ristabilire un Paese ormai in crisi, ma il problema sembrano essere le pensioni.

I redditi bassi degli italiani sono un problema ormai da diversi decenni e negli ultimi mesi l’inflazione galoppante ci ha messo del suo per abbassare ancora di più il potere d’acquisto dei cittadini.

Rivalutazione pensioni 2023
Fonte Adobe Stock

Il primato che possediamo a livello europeo è che siamo l’unico l’unico paese dell’area OCSE in cui gli stipendi reali sono diminuiti tra il 1990 e il 2020.

Emergenza Italia, si pensa al taglio al cuneo fiscale

Il problema degli stipendi e del basso potere d’acquisto degli italiani è un qualcosa di consolidato, ormai, nel nostro Paese. Diversi sono stati gli esponenti politici che hanno messo in risalto questa problematica, di recente anche il Movimento 5 Stelle con l’introduzione del salario minimo, eppure non si è ancora arrivati ad una soluzione.

Mario Draghi ha prospettato come soluzione al problema il taglio del cuneo fiscale anche se, quando si prende questo tipo di argomento, ci sono molti punti da dover discutere riguardo il sistema economico nazionale.

Il cuneo fiscale non è altro che il costo del lavoro sostenuto dall’impresa e la busta paga percepita dal lavoratore. Il problema si pone quando la seconda è decisamente più bassa del primo valore e questo vero e proprio paradosso si basa sugli elevati contributi previdenziali che l’azienda è costretta a pagare sullo stipendio.

La riduzione della tassazione sui redditi, con le aliquote IRPEF abbassate di qualche punto percentuale, è servita a migliorare la situazione dei cittadini con redditi superiori ai 15.000 euro.

Per effettuare questo famoso taglio del cuneo fiscale, però, bisogna intervenire sui contributi INPS. Gli esoneri contributivi proposti dal governo draghi, però, non bastano a risollevare una situazione ormai disperata. Confindustria, ad esempio, ha proposto sgravi fiscali per più di 1.200 euro l’anno, in modo da poter garantire una retribuzione in più all’anno ai lavoratori.

Le “misure strutturali” paventate da Draghi dovrebbero quindi andare ad influire sulle retribuzioni nette in maniera definitiva. Il problema è che i contributi INPS versati servono proprio a pagare le pensioni, presenti e future. La riduzione del pagamento dei contributi potrebbe quindi innescare un contraccolpo dal lato pensioni, portando lo Stato a tagliare gli assegni pensionistici o alzare ancora di più l’età pensionabile.

Un taglio del cuneo fiscale, quindi, diminuirebbe il peso dell’assegno dei futuri pensionati e, anche se potrebbe sembrare una soluzione futuribile (più occupazione e stipendi più alti), potrebbe anche essere il colpo definitivo per mettere in ginocchio un paese ormai alle corde.

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