Dal 30 giugno è ufficialmente scattato l’inizio del Pos obbligatorio. Gli esercenti che si rifiutano vanno in contro a delle sanzioni di non poco conto
Gli inviati di un quotidiano locale hanno fatto dei tentativi per capire come approcciano i commercianti a questa novità, soprattutto per quanto concerne i pagamenti di basso importo
Le transazioni con il pos non sono più declinabili. Dal 30 giugno 2022 i clienti possono esigere di pagare con carta o strumenti affini a prescindere dall’importo. Nel caso in cui l’opportunità venga negata, il titolare dell’esercizio va in contro ad una multa che in alcuni casi può essere anche piuttosto salata.
Di base la sanzione è di 30 euro più il 4% dell’operazione rifiutata. Quindi in caso di importi un po’ più alti ci si potrebbe ritrovare a fare i conti con una contravvenzione piuttosto ingente che può recare danno all’economia dell’attività.
A prescindere da ciò la legge parla chiaro, quindi non si può fare altro che adeguarsi. Il Giornale di Vicenza a tal proposito ha condotto un’indagine piuttosto interessante in giro per la città veneta per testare il comportamento dei commercianti.
Nella maggior parte dei casi è filato tutto liscio. Solo in due circostanze è successo qualcosa di anomalo. In un frangente a fronte di un bicchiere d’acqua (che al massimo sarebbe potuto costare 0,50 centesimi) la tecnica per evitare il pagamento elettronico è stata una gentile offerta. Il secondo è stato decisamente più plateale. Il proprietario di un bar tabacchi seppur al corrente della nuova disposizione ha spiegato chiaramente al cliente che accettare un pagamento di 1 euro (per un pacchetto di gomme da masticare) con la carta sarebbe stato troppo sconveniente.
In generale potrebbe capitare di vedere un’espressione contrariata da parte del gestore o commesso di una determinata attività commerciale, che da cittadino onesto adempie comunque al suo obbligo. Al tempo stesso però deve fare i conti con delle commissioni che in alcuni casi rischiano di ridurre all’osso il guadagno.
Ad esempio su un caffè del costo di 1 euro considerando l’Iva, i costi di produzione e la tassa relativa al pagamento elettronico, il netto incassato può scivolare anche al di sotto dei degli 0,80 centesimi. Non propriamente congruo come bottino, anche alla luce del periodo storico contrassegnato dai continui rincari.
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