NASpI: come funziona se ho un contratto di lavoro part-time?

La durata della NASpI – l’indennità di disoccupazione – è la stessa nel caso di rapporti di lavoro part-time?

In questo caso occorre considerare in maniera differente le settimane contributive che servono a calcolare la NASpI. Come si fa? Cerchiamo di vedere assieme il funzionamento per calcolare l’importo del beneficio.

Naspi part-time
Eco di Milano

Al momento la NASpI (ovvero la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) in Italia rappresenta una fondamentale forma di sussidio per chi resta a casa dal lavoro. Tanto più adesso, con la stretta sul reddito di cittadinanza che potrebbe essere il preludio di una definitiva abolizione del beneficio.

Come noto, la NASpI si rivolge ai lavoratori dipendenti rimasti involontariamente disoccupati. In pratica a chi si vede licenziare o ai lavoratori che rimangono a casa perché la loro azienda ha chiuso i battenti.

NASpI e lavoro part-time: come funziona

Nel caso dei lavoratori a tempo parziale, bisogna partire da un presupposto: per calcolare l’indennità di disoccupazione NASpI i contratti di lavoro part-time hanno delle conseguenze in particolare per quel che riguarda la durata.

La NASpI infatti viene versata a cadenza mensile per un numero di settimane equivalente alla metà delle settimane contributive degli ultimi quattro anni. Ma questo riguarda soltanto i rapporti di lavoro a tempo pieno. Diverso il caso invece per quanto concerne i rapporti di lavoro a orario parziale (ovvero il part-time). In questo secondo caso la durata sarà inferiore.

NASpI, come si fa il calcolo delle settimane contributive

Nel calcolo della NASpI, sia per quanto riguarda il part-time orizzontale che quello verticale, si considerano tutte le 52 settimane di contribuzione, a patto che la retribuzione settimanale non risulti inferiore ai minimali retributivi Inps. Se fossimo in presenza di quest’ultimo caso scatterebbero infatti dei cambiamenti.

In primo luogo andrebbe preso in considerazione il minimale contributivo, cioè la retribuzione minima considerata la base per calcolare i contributi previdenziali versati dal datore di lavoro. Quest’anno il minimale della retribuzione giornaliera corrisponde a 48,98 euro. Dunque anche se la retribuzione giornaliera del lavoratore dovesse risultare al di sotto di questa soglia i contributi dovuti andranno comunque calcolati sulla base del minimo giornaliero.

Però per accreditare 52 settimane contributive bisogna che la retribuzione settimanale sia almeno pari o superiore a 206,23 euro, ossia il 40% del trattamento minimo di pensione, un valore che ogni anno si modifica. Al di sotto di questa soglia la settimana contributiva non viene riconosciuta per intero. Il che ha delle conseguenze anche sull’indennità di disoccupazione per i lavoratori part-time con bassa retribuzione.

Da questo genere di modifiche sono escluse alcune categorie di lavoratori:

  • addetti ai servizi domestici e familiari;
  • operai agricoli;
  • apprendisti.

Che conseguenze ci sono per i lavoratori part-time?

Sotto la soglia minima di retribuzione settimanale, una settimana contributiva sarà considerata per più giorni. Per fare un esempio pratico, ipotizziamo che la settimana contributiva sia di 10 giorni di lavoro part time. In questo caso le settimane contributive dovranno essere pari a 13 negli ultimi quattro anni.

Stesso discorso per la durata dell’indennità, erogata per la metà delle settimane contributive degli ultimi quattro anni. Dunque avremo una riduzione. Invece non cambierà nulla per quanto riguarda l’importo. La NASpI sarà comunque calcolata tenendo conto del 75% della retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni.

Impostazioni privacy